Roma come era e come è nel volume di Bruno Leoni, ingegnere che ha affiancatogli stessi identici luoghi nei dipinti di 120 anni fa e negli scatti del 2015
di Lauretta Colonnelli
Gli acquerelli di Roma, realizzati a fine Ottocento da Ettore Roesler Franz, li conoscono tutti. Ma riescono ancora a stupire. Come succede nel libro curato da Bruno Leoni, «Roma sparita», edito da Intra Moenia. Leoni è un ingegnere romano di 65 anni con la passione della propria città. Ha osservato attentamente gli acquerelli di Roesler Franz, poi ha preso la macchina fotografica ed è andato in giro a cercare il punto di osservazione in cui l’artista si posizionò per ritrarre vicoli, cortili, strade e piazze, scene di vita in quella che era appena diventata la capitale d’Italia. Infine ha affiancato nelle pagine del volume le immagini della Roma di centoventi anni fa a quelle di oggi, raccontando in lunghe didascalie la storia del luogo ritratto, che funzioni aveva allora, perché e come sono scomparsi certi edifici e ne sono sorti altri. Per aiutare il lettore a riconoscere i siti stravolti dall’abbattimento di interi quartieri, interviene la pianta di Giovanni Battista Nolli, precisa e dettagliata, disegnata nel 1748 ma sostanzialmente identica a quella della città vissuta da Franz.
Centoventi i punti di osservazione accostati
Sui centoventi punti di osservazione individuati dall’artista, soltanto per quattordici le modifiche urbanistiche sono state tali da rendere impossibile il riconoscimento. Ecco la veduta di Borgo Angelico, all’interno delle mura Leonine. Nell’acquarello svetta a sinistra il campanile a vela della chiesa di Santa Maria delle Grazie, demolita nel 1939; a destra la Porta Angelica; al centro, più lontano, il nicchione del Cortile della Pigna in Vaticano. Nello spiazzo sterrato in primo piano: un carretto coperto trainato da un mulo, un gregge di capre, un asinello, qualche passante con abiti da contadino. Nella foto di oggi l’unico elemento rimasto è il nicchione. In primo piano torme di turisti si accalcano alle bancarelle di souvenir e ai tavoli di un lunch-pizzeria. Rimasta identica invece via del Campanile, a parte le bancarelle di frutta e verdura sostituite dalle auto parcheggiate.
Incantevole la veduta delle case medioevali affacciate sulla riva tiberina di San Giovanni dei Fiorentini, inondate dalla luce rosa del primo mattino, con il volo di rondini a sfioro sul fiume. Tutto è scomparso nella foto di oggi, dove domina il ponte Vittorio Emanuele II. Sembra una veduta di Venezia, quella dell’antico Palazzo Altoviti che si specchiava nel Tevere con le finestre ad arco, i balconi traforati, le colonne leggiadre. Sorgeva di fronte a Castel Sant’Angelo, oggi è sostituito da un grigio muraglione. Identica è rimasta invece via Giulia vista all’altezza della fontana del Mascherone: ma che differenza tra le catapecchie di allora con i panni stesi alle finestre e le medesime catapecchie trasformate in palazzine extralusso. Le nuove immagini sembrano asettiche. Dalle vecchie salgono gli odori dei mercatini, i miasmi dei canaletti di scolo in mezzo alle strade, il calore degli animali. Si resta soggiogati dal confronto. Viene anche da pensare allo choc che produrrebbe sui romani di allora lo spettacolo della Roma di oggi.