Dal 22 settembre esposti documenti e opere sui 300 anni del camposanto a Testaccio. In mostra dipinti di Hackert, Turner, Munch Pinelli, Roesler Franz, Sablet e Corrodi
di Pietro Lanzara
Nell’ottobre 1716 un medico di Edimburgo, William Arthur, morì di dissenteria a Roma per un’indigestione di fichi. Aveva seguito in esilio Giacomo III Stuart e la sua corte. Era protestante e non poteva essere sepolto in chiesa o in terra consacrata. Gli amici ottennero da Clemente XI, su intercessione del cardinale Filippo Antonio Gualterio, di inumarlo in un pratone derelitto accanto alla Piramide di Caio Cestio.
La prima lapide nel 1738
Dal 1723 al 1726 furono portati a Testaccio un lord scozzese e un turista inglese stroncato dalla malaria durante il Grand Tour. La prima lapide, nel 1738, fu per uno studente di Oxford caduto da cavallo. La mostra «Ai piedi della Piramide: i 300 anni del Cimitero per gli stranieri a Roma» sarà allestita dal 22 settembre al 13 novembre, con il patrocinio di 15 ambasciate, alla Casa di Goethe in via del Corso. Nel Cimitero riposa il figlio del grande poeta tedesco, August von Goethe, morto quarantenne forse di alcolismo: «Da Weimar», anticipa il curatore della mostra Nicholas Stanley-Price, «arriverà un’opera dello svizzero Rudolph Müller che raffigura la sua tomba, Avremo 43 opere da musei e collezioni private europee e statunitensi, molte rare e alcune inedite: Hackert e Turner, i romani Pinelli e Roesler Franz, gli svizzeri Jacques Sablet e Salomon Corrodi, vedutista che fu molto apprezzato dallo zar e ora è sepolto a Testaccio.
Da Piranesi a Thorvaldsen, la tomba di Shelley vista da William Bell Scott
Piranesi progettò la mutila colonna tombale di un caro amico, il baronetto James MacDonald. Un disegno dello scultore Bertel Thorvaldsen è venuto alla luce recentemente. La tomba di Shelley è illustrata dal preraffaellita William Bell Scott, il sepolcro di Keats da Walter Crane in un acquerello dell’Ashmolean Museum di Oxford. Edvard Munch visitò il cimitero nel 1927 e di ritorno in patria confessò a un giornalista di avere terminato a Roma molti disegni ma un solo dipinto, che sarà inviato da Oslo: la tomba dello zio Peter Andreas, storico del Medio Evo e archeologo». Memorie e documenti ricorderanno Gadda e Gramsci, «morto disadorno» nella poesia che Pasolini ha dedicato alle sue ceneri. Il poeta romantico Waiblinger, amico di Hoelderlin, e il poeta beat Gregory Corso. I pittori Hans von Marées e Enrico Coleman. Dalla Russia la figlia e la nipote di Tolstoj e il fisico Bruno Pontecorvo, deceduto in Unione Sovietica. L’afroamericana antischiavista Sarah Parker Remond e Ursula Hirschmann moglie di Altiero Spinelli. La stilista Irene Galitzine, l’attrice Belinda Lee e la bellissima Rosa Bathurst che tutta Roma pianse quando nel 1824 annegò sedicenne nel Tevere.
Per gli scrittori: «più bello e meno triste del mondo»
Dal marchese de Sade ad Axel Munthe, gli scrittori hanno raccontato il Cimitero «più bello e meno triste del mondo». Nel «Piacere» D’Annunzio vi conduce Andrea Sperelli e Maria Ferres. Henry James amava passeggiarvi: «Una mescolanza di lacrime e sorrisi, pietre e fiori, cipressi in lutto e cielo luminoso, che dà l’impressione di volgere uno sguardo alla morte dal lato più felice della tomba». Ora nei viali sono tumulate tre persone molto vicine al suo cuore: l’artista William Wetmore Story, interrato con la moglie sotto una statua che è opera sua, l’Angelo del Dolore; la romanziera Constance Fenimore Woolson, morta suicida dal balcone di un palazzo di Venezia; lo scultore norvegese Hendrik Christian Andersen, l’«amato ragazzo» conosciuto nell’estate 1899 e al quale lo scrittore americano rimase legato da un rapporto ancora controverso.
Funerali notturni
«Un tempo», riprende Stanley-Price, «era proibito seppellire i non cattolici alla luce del sole. Presenteremo per la prima volta insieme tre scene di funerali notturni: i carri con i valletti, le nuvole di fumo dalle torce, le donne e i bambini in abiti da lutto. Di queste vedute se ne conoscevano finora cinque in tutto il mondo, ma durante i preparativi della mostra un collezionista romano ce ne ha mostrata una sesta. Sorprendentemente è anche la più antica, pubblicata nel 1767 a Londra».
Da Corriere.it – http://roma.corriere.it/notizie/cultura_e_spettacoli/16_settembre_01/all-ombra-piramide-cimitero-acattolico-l-arte-f84f0e28-7065-11e6-acff-0ba0a2f56bad.shtml